A ricordo della prof.ssa Giuliana Cavezzali, per molti anni docente di Latino e Greco presso il nostro Liceo, punto di forza e riferimento fondamentale per tante generazioni di studenti

Grande dolore, che solo il vivo ricordo di un’aula e di un banco, lontani nel tempo, ora stempera; sedevo proprio a quel banco, mentre una sorta di incantevole Ipazia, dagli intensi occhi scuri, la cara Giuliana, ammaliava i suoi alunni, raccontando, con impareggiabile ironia, la classicità di cui era e resterà  interprete raffinata, coltissima; un sapere intimamente vissuto, autentico, giammai esibito.
Riposa, Giuliana, grande Maestra: sit tibi terra levis …
Fabio Duca

 

“Va-le-ria!  Va-le-ria!” Tu e il tuo Raffaele (inseparabili…) seduti sulle gradinate del teatro greco di Siracusa, poco prima della parodo delle Trachinie, dove Valeria Morriconi interpretava il ruolo di Deianira, trasformati in “ultras” scatenati,che incitavano anche noi: “Forza ragazzi, che è una marchigiana famosa!!”

Voglio ricordarti così, Giuliana, misurata ed entusiasta allo stesso tempo, come tu sapevi essere ogni volta che leggevi Omero, i Lirici, i Tragici e ci raccontavi lo svolgersi della cultura greca come un percorso affascinante che apriva cuore e pensiero al futuro… Ti devo tanto e forse non te l’ho mai detto abbastanza.

Narrami ancora, da lassù…

Nadia Ciambrignoni

 

 

Facevo parte  della III A nell’a.s. 1993/1994, anni in cui si affacciavano sul mercato le lenti a contatto, che tu hai prontamente utilizzato, sostituendo gli ormai desueti occhiali da vista. Insegnante di Lettere Classiche, ma sempre al passo con la modernità. Le tue “lentine”, come le chiamavi, divennero ben presto la tua “croce e delizia” perché spesso si spostavano durante le ore di lezione e correvi a sistemarle. Noi, adolescenti, un po’ deridevamo quel tuo approccio al dispositivo medico, ma  eravamo consapevoli, rubando un verso a Montale, “che di noi due le sole vere pupille […] erano le tue.” E proprio i tuoi occhi, come già altri hanno menzionato, sono il ricordo più vivo e caro che porterò con me. Sguardo mobile, acuto, intuitivo, capace di passare in un baleno dalla fermezza imperturbabile alla dolcezza tollerante.

Hai saputo nutrire i tuoi alunni con grazia, eleganza e autorevolezza, mai scadendo in mera autorità, lasciandoci un esempio – difficilmente eguagliabile- di coerenza e forza. Una forza che non sapevamo allora da dove traevi, così esile e minuta la tua figura, mentre oggi sì, dall’amore per tuo marito e dalla fede che non hai mai perso e che mai ti ha abbandonata. Ti ho vista indifesa e smarrita solo un attimo, il giorno del saluto al tuo Raffaele. Poi di nuovo tu, al nostro fianco, impavida, temibile il giorno dell’interrogazione o della verifica scritta, o emozionata, come fosse la tua prima volta, al teatro greco di Siracusa per lo spettacolo della rassegna dell’anno.

Hai avuto per me parole di conforto che nessun altro mi ha saputo dare quando ho perso un affetto carissimo e hai gioito- come facevi con tutte le tue alunne- quando ti ho detto della mia maternità.

Hai consolato e supportato centinaia di persone come Vice Presidente e volontaria Ail, attività che è diventata inscindibile dalla tua vita e alla quale hai “iniziato”  schiere di tuoi alunni.  Ho partecipato- come tanti altri- alle campagne di raccolta fondi di Pasqua e di Natale, prima come tua alunna, poi come insegnante con i miei alunni, poi con i miei figli e i loro piccoli amici. È un appuntamento al quale non si poteva e non si può mai mancare.

Hai saputo coniugare il tuo infinito sapere con un’umiltà e modestia che ti rendevano capace di entrare in empatia con chiunque. Generazioni di anconetani – e non solo- sono state formate da te, dalla tua preziosa e profonda professionalità, e soprattutto dalla tua umanità. Ti brillavano gli occhi ogni volta che i tuoi amati Autori latini o greci potevano parlare alle coscienze di noi adolescenti, facendole vibrare ed emozionare, come  Simonide faceva battere quelle ali di mosca paragonandole al mutamento repentino della sorte umana. Una sorte che hai affrontato anche negli ultimi anni con impareggiabile dignità, sempre prodiga di consigli, sempre pronta ad offrire il tuo aiuto e sempre a sostegno della solidarietà.

Te ne sei andata creando un vuoto difficilmente colmabile, ma non rimaniamo orfani perché ci hai insegnato a vivere da uomini e da donne e ad amare la bellezza, quella eternatrice dell’arte, lasciando un’eredità immensa di affetti.

Lucia Simi

 

Dicembre per me non è il mese dell’albero o dei regali né dell’immancabile repertorio musicale di festa.  Avevo 16 anni, ne ho 35 oggi, ma lo spirito natalizio dal sapore autentico e genuino risiede ancora nel rituale della vendita delle stelle di Natale per L’AIL, associazione italiana di beneficenza per i malati di leucemia.

Questa storia ha radici antiche, che risalgono alla vita liceale e alla nostra grandissima prof.ssa Giuliana Cavezzali. E’ lei, con i suoi modi gentili e delicati, ad averci iniziato a questa bellissima pratica: noi, come molti suoi studenti, avevamo acquisito l’abitudine di vendere come volontari le stelle.  Con la determinazione negli occhi e confezioni a non finire infilate nelle braccia, incominciavamo un tour infaticabile per i negozi di Ancona, ormai abituati al nostro passaggio, a caccia di compratori. Sfinivamo ogni singolo passante, con l’attenuante del fine benefico. Al termine della giornata, osservavamo orgogliosi i frutti di quell’incasso da devolvere in beneficenza, unico e fondamentale metro della nostra soddisfazione. Azioni disinteressate che lasciavano le tasche vuote e il cuore pieno: eccola lì, racchiusa in questo binomio così estraneo alle logiche consumistiche, la sacralità del mio Natale.

Anche oggi è Dicembre e apprendo la notizia della sua morte.

I ricordi mi affollano la mente: ho bisogno di scrivere per ordinarli e per raccontare di lei a chi non ha avuto il privilegio di conoscerla.

Il nostro incontro avviene nel triennio del Rinaldini, tra i banchi di scuola. Ma la prof. Cavezzali non è soltanto un’ottima insegnante di greco e latino, che ricorda a menadito citazioni in lingua o dettagli della vita degli autori. Lei è soprattutto un paradigma di umanità, che cerca di dare esempi costruttivi a noi alunni, in ogni occasione. Specialmente con il suo comportamento. Sempre paziente, accogliente, accomodante, disponibile. Con un aneddoto per tutto e su tutto. E’ una donna che ha sofferto molto, eppure ha sempre il sorriso sulle labbra e quel modo di fare dolce e comprensivo: il dolore lei lo ha trasformato e canalizzato, tramite il lavoro e per mezzo del volontariato presso l’AIL.

Si vede che è nata per insegnare, si sente soprattutto insegnante, la nostra insegnante. L’ho capito dopo anch’io che funziona esattamente così: ci sono condizioni che porti dentro, nel ventre, come semi pronti a germogliare. Come quando diventi mamma e sai che quel ruolo era il tuo anche prima, da sempre e per sempre. La sua dedizione, infatti, è assoluta, con gli alunni bravi ma anche con i meno bravi: vive di noi.

Se ripenso alle lunghe ore trascorse in aula insieme, non posso non rievocare il momento tanto temuto della versione di greco o di latino. Io e la mia migliore amica Eli eravamo brave e cercavamo i modi più fantasiosi per passare il compito ai nostri amici: dal lancio della pallina di carta, al foglio protocollo dentro il casco, fino alla dettatura al vicino a colpi di tosse. Spesso lei se ne accorgeva lo stesso e una volta, trovato un bigliettino destinato ad alcuni alunni, ci ha dato una delle sue solite lezioni di vita, disquisendo sulla poca democrazia del passare la versione solo a qualcuno e non a tutti. Da quel giorno ci siamo attrezzate meglio per proseguire la nostra “opera di bene”. Sì, perché lei diceva sempre che eravamo “un’associazione ‘criminale’ senza scopo di lucro”, ma in fondo apprezzava quella nostra generosità solidale.

Per la sua saggezza e il suo essere bonario, ci sembrava una nonnina acquisita, capace di prendersi cura di noi amorevolmente e di nutrire soprattutto le nostre anime di quell’amore che solo la cultura sa accendere.

Quello che ha rappresentato Giuliana Cavezzali per me non finisce qui. Mi accorgo che se ho scelto poi di insegnare è stato soprattutto per il calibro di certe figure – lei per prima – nelle quali riconoscevo un modello da seguire, un ideale da raggiungere. Professori in grado di andare ben oltre il loro ruolo, di erigere ponti, di sedimentare desideri nel nostro profondo, di creare legami veri e autentici, oltre il tempo e lo spazio.

Capaci di essere scuola, non solo di fare scuola.

E di farci sentire classe, anche dopo 16 anni. Oggi, i miei compagni ed io, con voci tristi e incredule, rievocando frammenti di memoria condivisa, eravamo ancora la IIIA.

Forse non abbiamo mai smesso di essere la IIIA: confusionaria, scalmanata, indisciplinata, simpatica.

Io oggi mi sento ancora come quella ragazzina di sedici anni, affamata di relazioni umane e di conoscenza, seppur dall’altra parte della cattedra.

Io oggi insegno con quell’idea di scuola, in cui la passione e la fiducia sono il motore di tutto.

Io oggi faccio l’insegnante di lettere, ma “da grande” spero ancora di essere un’insegnante di lettere, proprio come lei.

Cara prof., vorrei poter essere ancora una volta alunna, tra i banchi di quella scuola che ho profondamente amato, per ascoltarla parlare di letteratura greca o per raccogliere qualche buffo aneddoto di vita: ma oggi non c’è lezione né compagni da cui copiare. Mi dispiace di non essere mai riuscita a venire a casa sua a prendere quel famoso caffè o ad assaggiare quella cioccolata che lei sapeva centellinare con un senso della misura che io non avrò mai.

Mi sento di dirle di nuovo e per sempre grazie, per aver impresso in me un’orma così determinante sulla strada della felicità.

Mi sovviene il famoso passo oraziano, “Non omnis moriar”, e le lunghe discussioni sull’arte come mezzo per l’immortalità: lei, prof. del cuore, non morirà mai.

La sua guida e i suoi insegnamenti oggi illuminano un Natale senza stelle, in tutti i sensi.

Cecilia Coppari

Buongiorno prof.! E’ l’inizio di una nuova lezione, tra i banchi della vita. Ci sediamo, siamo tutti presenti, ascoltiamo attenti, stavolta senza chiacchiericcio di fondo, perché quello che ha da dirci ha un suono diverso. Il tono della voce è quello di sempre, pacato e dolce, ma fermo. Non sta per dirci che la versione è andata male, ma che deve lasciarci, deve proprio, perché altrimenti non lascerebbe mai la sua classe, la sua ultima classe.

Siamo le persone che ha seminato nel tempo, a cui ha regalato una parte di sè, a cui ha dedicato il suo tempo, il suo cuore. Siamo quelli che la hanno conosciuta come insegnante, come collega, come amica, come zia, come volontaria. Siamo quelli che hanno imparato ad ascoltarla oltre il tono lieve della sua voce, quelli che hanno conservato  il racconto di qualche aneddoto della sua vita passata, siamo quelli che ha toccato con la poesia di qualche frammento in greco antico, quelli che hanno imparato con lei che fare del bene agli altri fa bene a se stessi. Siamo quelli che ha influenzato nelle scelte di vita…a volte mi chiedono: ma chi te lo ha fatto fare di essere ematologa?!? Eh già, dico io, chi me lo avrà messo in testa? Nessuna coercizione, neanche il benché minimo suggerimento, sia ben chiaro. Chiamiamola ispirazione. Ma tanto con quelle stelle di Natale qualcosa mi sarà scattato dentro. Nessuna scelta, se fatta con il cuore, è casuale. E tu, cara prof. qui ci hai messo lo zampino.

Ora è il momento dei saluti, rimettiamo i ricordi nello zaino del liceo. Accendiamo i motorini, il piazzale della scuola è quasi vuoto. Ma prima di andare per sempre, si rivolge a noi ancora una volta. “Aperta parentesi”, dice perentoria (e disegna con la sua solita matitina invisibile un semicerchio in aria), “appunti per voi stessi, due punti (e li fissa bene bene): amate la bellezza, arricchitevi col bene per gli altri, lasciate un segno del vostro passaggio. Chiusa parentesi” .

Buon viaggio, Prof.

Elisa Honorati